Oggi desidero affrontare l’attentato di Bruxelles da un punto di vista OSINT. In eventi tragici come questo, l’informazione può diventare un’arma a doppio taglio. Nel mondo digitalizzato in cui viviamo, la corsa per ottenere notizie fresche spesso spinge gli addetti ai lavori a cedere alla tentazione di rilasciare nomi e dettagli solo per soddisfare l’insaziabile fame di informazioni del pubblico, creando così una situazione caotica e frenetica.
In questo caos dell’attimo, l’impulso di identificare l’attentatore può portare a errori gravi e conseguenze nefaste. Senza entrare nei dettagli delle testate giornalistiche o dei giornalisti specifici, ho discusso l’accaduto con esperti del settore: uno proveniente dal mondo dell’intelligence e l’altro esperto di lingua araba. Insieme abbiamo analizzato le informazioni disponibili.
La prima notizia riguardava il video della sparatoria. Senza un’analisi accurata, un noto giornale italiano sosteneva che l’evento fosse avvenuto vicino al museo ebraico a 3 km di distanza,
mentre un altro indicava Molenbeek, 3 km nella direzione opposta rispetto al museo ebraico.
Nel video (sotto) della sparatoria pubblicato pochi minuti dopo vediamo i cartelli stradali che indicano la posizione esatta.
Queste imprecisioni sono significative a Bruxelles, una città in cui le distanze contano, dato il suo carattere relativamente piccolo rispetto ad altre città come Londra.
Un’altra imprecisione significativa riguardava il nome dell’attentatore. Dall’analisi del video postato su Facebook, il suo profilo riportava il nome “Slayem Slouma” o, come direbbe Checco Zalone, “banana33”. Questo pseudonimo è stato erroneamente diffuso come nome e cognome, ignorando il fatto che nel video il terrorista pronunciava il suo vero nome per ben due volte: “Abdeslam Jilani”.
In un mio articolo precedente, in cui discutevo della differenza tra giornalisti e analisti, ho sottolineato la responsabilità di quest’ultima figura di approfondire le informazioni per evitare disinformazione.
Nell’ambito dell’OSINT e, in particolare, della Socmint (social media intelligence), è essenziale comprendere che nei paesi di lingua araba il concetto di cognome non è così definito come in Occidente. Pertanto, in una notizia così importante, la mancanza di conoscenza approfondita della lingua, di analisi critica e la consapevolezza di questi dettagli avrebbero dovuto portare i giornalisti a una cautela maggiore. Invece, abbiamo assistito all’evoluzione del nome in sole 48 ore, passando da “Slayem Slouma” a “Abdul Salam”, poi a “Abdeslam Slouma”, e infine a “Abdeslam Jilani Meftah Lassoued”, meglio conosciuto come “Slayem Slouma”. IL CAOS.
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